Doveroso disclaimer: non mi intendo di vino e confesso la mia grande ignoranza in materia, indi di vino non dovrei proprio parlare. Riesco giusto a distinguere un vino buono/cattivo che mi viene servito nel bicchiere; la presenza di un vino su questo blog è solamente per un simpatico confronto con una birra ispirata proprio dal mondo del vino. Mi si dirà che non esiste il passito, ma esistono “i passiti”: ho semplicemente approfittato della presenza in cantina di una bottiglia di Ben Ryé (che mi dicono essere un più che dignitoso Passito di Pantelleria) della stessa annata della Xyauyù: 2008. Prodotto da Donnafugata, azienda siciliana di proprietà della famiglia Rallo, che a partire dal 1989 è sbarcata anche sull’isola di origine vulcanica di Pantelleria. Il nome Ben Ryé, significa in arabo “figlio del vento” ed è un omaggio al vento che soffia costantemente tra i vigneti di Pantelleria.
Prodotto con uve Zibibbo (100%), fermenta in vasche di acciaio a temperatura controllata; al mosto in fermentazione si aggiunge – a più riprese – l’uva passa sgrappolata a mano. L’affinamento avviene in vasca per 4-5 mesi e successivamente per almeno 6 mesi in bottiglia.
Limpido nel bicchiere, ambrato con sfumature di rame, apre sorprendendomi con intensi profumi di erbe aromatiche (origano? rosmarino?) che poi svaniscono lasciando il posto agli agrumi canditi (mandarino, arancia), al miele d’arancio, allo zucchero caramellato; in sottofondo mi sembra di avvertire anche una leggerissima presenza di vaniglia.
Morbido e rotondo in bocca, oleoso, ha un gusto spiccatamente dolce che continua il percorso aromatico: miele d’arancio, fichi e datteri disidratati, agrumi canditi, zucchero. C’è però un’acidità molto più marcata che nella Xyauyù a bilanciare il dolce, assieme ad una sorprendente freschezza data da note di frutta quasi fresca (pesca e albicocca). Devo annotare anche delle gradevoli note minerali, con una lievissima salinità; l’alcool è davvero molto ben nascosto, ancora di più che nella birra: la gradazione alcolica in percentuale è praticamente identica. Chiude lasciano un retrogusto dolce e caldo di miele d’arancia, canditi e frutta secca.
Il confronto è sbagliato, quindi? Sì, lo è, perché la Xyauyù non è un’imitazione di un vino liquoroso; sebbene ne riproponga alcune delle caratteristiche, rimane tuttavia una (birra) creazione unica. Ho bevuto il Ben Ryé dopo la birra ed è stata evidente la sua maggior freschezza e scorrevolezza, esente da ossidazioni. Ho tornato a bere ancora un po’ di Xyauyù dopo il vino, avvertendone quasi il peso degli anni e delle ossidazioni, che la rendono meno snella ma più potente, dal punto di vista etilico.
In conclusione, è inevitabile affrontare l’argomento prezzo. La Xyauyù è una birra che richiede tempo e quindi molto costosa, e si trova attualmente a 60.00 Euro/litro. Non è senz’altro una birra da bere tutti i giorni (anche essendo già ossidata potete consumarla nell’arco di più giorni) e allo stesso prezzo, o quasi, vi potreste probabilmente concedere un buon Porto, Madeira o Passito.
Ne vale allora la pena ? Assolutamente sì, almeno ogni tanto, almeno una volta nella vita. Per assaggiare, con enorme soddisfazione, una straordinaria creazione di un birraio italiano, a volte (giustamente) criticato per le sue birre “regolari” non sempre al top della forma, ma capace di inventare, partendo dal nulla, una birra unica in Italia, unica al mondo.
Insomma, se volete fare un bel regalo (Natale, compleanno) a qualcuno che ama la birra e avete voglia di spendere più del solito, una bottiglia di Xyauyù è probabilmente una delle cose migliori a cui potete pensare.
Baladin Xyauyù Etichetta Oro 2008
Formato: 50 cl., alc. 14%, scad. “fino alla fine del mondo”, pagata 24.90 Euro (foodstore, Italia)
Donnafugata Ben Ryé 2008
Formato 37.5 cl., alc. 14.5%, pagata 26.00 Euro (enoteca, Italia)