Published on Gennaio 24th, 2017 | by Il Birrafondaio
0Birra artigianale, l’indagine di Birraverde sul Lazio: luci e ombre nel mondo della craft beer italiana
Piccole realtà, molto spesso messe in piedi da più soci, quasi sempre con meno di 5 dipendenti, con un fatturato contenuto e una produzione che difficilmente supera i mille ettolitri all’anno. Questo l’identikit dei produttori di birra del Lazio che emerge dall’indagine effettuata dai ricercatori del Crea (consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) nell’ambito del progetto “Birraverde”(finanziato nell’ambito della RRN 2014-2020).
Il lavoro dei ricercatori ha coinvolto oltre il 70% dei produttori laziali (in quel momento secondo Microbirrifici.org 33 microbirrifici 8 brew pub e 38 beerfirm) ed il risultato è un’istantanea piuttosto rappresentativa non solo della realtà della birra artigianale nel Lazio, ma di tutto il settore della “craft beer” nel nostro Paese, con le sue peculiarità ed i suoi limiti.
Andando ad analizzare l’indagine, (qui trovate le relazioni del convegno organizzato a conclusione del progetto) emergono alcuni aspetti particolarmente interessanti ed il primo che balza agli occhi è senza dubbio quello relativo alla giovane “età” delle aziende: oltre la metà (il 52%) è nata tra il 2014 e il 2016. Un dato che ben rappresenta il vero e proprio “boom demografico” che ha caratterizzato il settore. Questo si accompagna, però, ad alcuni elementi che fanno pensare ad una prospettiva di vita piuttosto breve per molte di queste imprese: solo l’8% ha infatti più di 5 dipendenti, quasi il 70% è costituita da più soci e più di un terzo ha un fatturato inferiore ai 100mila euro annui, anche a causa di un volume produttivo che nel 36% dei casi non raggiunge i 400 ettolitri e solo nell’8% supera i mille. Un quadro che lascia facilmente intendere come si stia parlando di aziende che possono contare su ricavi piuttosto bassi, se non inesistenti, a fronte di investimenti iniziali piuttosto consistenti.
Se dal punto di vista economico e dei volumi produttivi lo scenario non appare particolarmente roseo, andando ad analizzare le informazioni relative alle modalità di vendita la situazione non migliora.
Una larghissima maggioranza dei produttori lavora sia attraverso la vendita diretta che quella indiretta, ma i dati interessanti sono quelli relativi alla prima modalità. Circa l’80 % dei produttori intervistati, infatti, utilizza i canali di vendita diretta e tra quelli che hanno fornito una risposta dettagliata al questionario sottoposto emerge un elemento significativo: per alcuni produttori la mescita arriva a rappresentare il 70% delle vendite; i birrifici in questione, di fatto, non sono sul mercato ma sopravvivono quasi esclusivamente attraverso la vendita a fiere ed eventi o nella tap room del loro stabilimento produttivo (ovviamente fanno eccezione i brew pub).
Se ci concentriamo invece sulla vendita indiretta notiamo come il 20% si rivolga a grossisti, il 50% ai distributori e solo il 5% scelga di confrontarsi con la grande distribuzione.
Per quanto riguarda l’export, infine, solo il 36% vende al di fuori dei nostri confini con percentuali che vanno dal 15 al 40% della produzione.
Mettendo insieme tutti questi elementi viene da chiedersi quale sia la prospettiva sul medio e lungo termine, e in molti casi se questa prospettiva effettivamente ci sia. La “rivoluzione culturale” della birra artigianale sulle abitudini del nostro Paese sembra essere, per ora, più mediatica che non reale; non basta un pur nutrito, e in crescita, pubblico di appassionati a giustificare un’offerta di prodotti così ampia e parcellizzata. Qualcuno, è inevitabile, ne pagherà le conseguenze e il rischio è che a farne le spese in maggior numero siano quelli che si sono buttati anima e corpo in questo settore per passione piuttosto che quanti lo stanno facendo per “business”.
Questo non significa, però, che il futuro sia necessariamente nero: la passione, la competenza e l’estro che ci sono dietro e dentro tanti piccoli birrifici italiani sono un grandissimo patrimonio, così come lo sono le numerosissime birre di grande qualità che hanno creato. Per poter essere competitivi i microbirrifici devono avere il coraggio e l’umiltà di fare un passo che troppo spesso le piccole imprese italiane non hanno voluto/potuto compiere: fare sistema, unire le forze per abbattere i costi e presentarsi sul mercato in maniera competitiva.
Da questo punto di vista il progetto “Birraverde” offre numerosi spunti molto interessanti che approfondiremo in una serie di articoli che pubblicheremo nelle prossime settimane.