Published on Luglio 24th, 2014 | by Il Birrafondaio
0Mikkeller – Prairie American Style
Articolo tratto da Una Birra Al Giorno
La polemica birrifici vs. beerfirm (birrai senza impianti) vi coinvolge? Bene, niente di meglio allora di una collaborazione tra due birrai senza impianti, che si fanno produrre le ricette in giro per il mondo. Ecco l’incontro tra lo “zingaro” più famoso al mondo, il danese Mikkeller, e Prairie Artisan Ales, progetto statunitense (Tulsa, Oklahoma) fondato dai fratelli Chase e Colin Healey. Ma mentre Mikkeller continua ad inaugurare bar tra Scandinavia e Stati Uniti, Prairie dopo qualche ritardo è finalmente riuscita ad aprire le porte del proprio birrificio di Tulsa, a dicembre 2013. La maggior parte della produzione continua ad essere “appaltata” presso la Choc Brewery di Krens, mentre i nuovi impianti sono soprattutto destinati ad alimentari i programmi di invecchiamento in botte e la tap room.
A settembre dello scorso anno Mikkeller e Chase Healey si trovano presso gli impianti di De Proef, ormai una seconda casa per il danese, a dare vita ad una collaborazione tra due birrai (a quel tempo) senza impianti.
Il (poco originale) nome scelto è American Style, con un’etichetta che fa il verso alla celebre copertina di Born in the U.S.A. di Bruce Springsteen, una fotografia di Annie Leibovitz; al posto del cappello da lavoratore, nella tasca posteriore dei blue jeans c’è un apribottiglie; gli artefici sono Keith Shore, autore della maggior parte delle etichette di Mikkeller, e di Colin Healey di Prairie.
La birra è una India Pale Ale la cui ricetta prevede malti Pilsner, Munich I e Cara-Red, avena e luppoli Citra, Nugget, Saaz, Centennial e Columbus; la fermentazione avviene esclusivamente utilizzando Brettanomiceti ma non si tratta dei ceppi Lambicus o Bruxellensis (responsabili delle tipiche note “funky”, rustiche o “puzzolenti”) ma di quello Claussenii, dal profilo aromatico molto più “gentile” di frutti tropicali.
Nel bicchiere si presenta di color oro antico, limpido; la schiuma che si forma è un po’ grossolana e biancastra, quasi pannosa ed ha una buona persistenza. Il naso è effettivamente una piccola macedonia di frutta tropicale; non è freschissimo (la bottiglia ha ormai un anno di vita) ma mantiene una buona pulizia ed una certa eleganza: dolci sentori di ananas maturo, mango, papaia, melone ed albicocca, che si ripropongono poi in bocca, su una base maltata di pane e con qualche nota di biscotto. Anche il gusto è pulito ed elegante, ma l’alcool (7.5%) fa sentire la sua presenza più del necessario andando un po’ a limitare la facilità di bevuta. Il corpo è medio, le bollicine non sono molte, e la birra rimane morbida e gradevole in bocca. L’amaro (erbaceo ed un po’ terroso) non “morde” molto e piuttosto che caratterizzare la bevuta va a bilanciare il dolce della frutta tropicale. Il risultato è una birra abbastanza piaciona e ruffiana, pulita e ben fatta che però sembra quasi specchiarsi in sé stessa senza regalare molte emozioni a chi (seppur con gusto) la beve.
Formato: 75 cl., alc. 7.5%, IBU 50, scad. 28/11/2016, pagata 12,00 Euro (beershop, Italia).